Cos’è la sindrome mielodisplastica
La sindrome mielodisplastica (SMD), detta anche mielodisplasia, è una malattia del sangue determinata dalla progressiva incapacità delle cellule della linea mieloide di maturare normalmente. Questo può portare sia a una riduzione (di gravità variabile) del numero di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, detta citopenia, che a un’alterazione del normale funzionamento di queste cellule.
L’incidenza annuale della mielodisplasia si aggira intorno ai 5 casi ogni 100.000 persone. In Italia le persone colpite da questa sindrome sono tra le 3.000 e le 5.000, e il 25% di questi casi evolve in leucemia mieloide acuta (LMA)
La mielodisplasia è tipica dell’età avanzata, viene infatti diagnosticata prevalentemente nei pazienti con un’età intorno ai 70 anni, mentre solo raramente si presenta prima dei 50 anni di età.
Non sono ancora chiare le cause che determinano la comparsa della SMD, ma nelle cellule patologiche dei pazienti affetti da questa sindrome è possibile individuare mutazioni genetiche sia a livello di geni (SF3B1, TET2, SRSF2, ASASXL1 o TP53) che di cromosomi (presenza di un cromosoma 8 aggiuntivo, cromosomi 5,7 o 20 mancanti o danneggiati) e il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’esposizione a sostanze tossiche (come pesticidi, solventi, farmaci chemioterapici), a radiazioni e al fumo.[1-4-5]
Classificazione delle sindromi mielodisplastiche
Le sindromi mielodisplastiche vengono classificate in base a un sistema chiamato R-IPSS (Revised International Prognostic Scoring System) che, sulla base della gravità della citopenia (anemia, neutropenia e piastrinopenia), delle anomalie citogenetiche (displastiche) e del numero dei blasti, suddivide i pazienti in differenti gruppi.
Questi gruppi, avendo un andamento estremamente diverso fra di loro, beneficiano di trattamenti distinti:
- Citopenia refrattaria con displasia unilineare.
È una forma che interessa solo uno dei tipi di cellule del sangue; il paziente può presentare infatti anemia refrattaria, o neutropenia refrattaria o trombocitopenia refrattaria - Citopenia refrattaria con displasia multilineare.
In questo caso invece sono due i tipi di cellule del sangue interessati. Nei pazienti affetti da anemia refrattaria con sideroblasti ad anello, è presente una mutazione nel gene SF3B1 che incide con un andamento più favorevole della malattia, mentre nel caso di anemia refrattaria con eccesso di blasti, in base alla quantità presente, può essere di tipo 1 o 2 - Sindrome mielodisplastica con delezione (5q) isolata.
Nessuna delle cellule patologiche presenta un frammento del cromosoma 5 - Sindromi mielodisplastiche non classificabili.
Tutte quelle forme che non rientrano nelle precedenti[4-5]
Mielodisplasia: quando e come si scopre. La testimonianza
«Il mio percorso di conoscenza della malattia iniziò a seguito di una serie di esami di controllo che il medico di famiglia decise di prescrivermi con la comparsa di alcuni sintomi che presentavo in quel periodo», racconta Silvia, 52 anni e da sempre grande amante dello sport.
«Era infatti da un po’ di tempo che continuavo a sentirmi stanca e affaticata, nonostante i miei impegni quotidiani non fossero aumentati. Dopo la prima serie di analisi alle quali mi sottoposi, e in cui l’emocromo presentava valori di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine drasticamente al di sotto dei valori soglia di normalità, il medico mi prescrisse ulteriori analisi».
Iniziò esattamente in quel momento, senza che me ne rendessi conto fino in fondo, una sorta di pellegrinaggio clinico tra esami del sangue e visite mediche
Silvia, 52 anni.
«Esami per verificare la funzionalità epatica e renale, esami per misurare gli indici di infiammazione ed elettroforesi delle proteine del sangue, il dosaggio della vitamina B12 e dei folati, esami del metabolismo del ferro e altri ancora… questi sono solo alcuni degli esami ai quali fui sottoposta in quel periodo».
«Nel giro di breve tempo venni indirizzata al reparto di ematologia, dove il medico specialista mi prescrisse nuovamente tutte le analisi del sangue fatte anche nell’ultimo periodo. Le notizie purtroppo non furono delle migliori e il medico decise di sottopormi anche al prelievo di midollo osseo».
«Il tutto, devo dire, durò solo pochi minuti. Mi fu somministrata un’anestesia locale e circa nella stessa posizione mi fu puntato un ago nella spina ossea dove furono aspirate alcune gocce di sangue, sia per effettuare l’esame al microscopio che l’analisi dei cromosomi», ricorda Silvia con estrema lucidità.
«Quell’esame diede, con mio gran sollievo, un responso negativo. Non si trattava di leucemia. Ma io continuavo a peggiorare, ero sempre più stanca e debole. In quel periodo iniziai anche una terapia a base di cortisone, ma al contempo furono costretti a ricoverarmi perché l’emoglobina era scesa sotto la soglia dei 7 g/dL. Venni sottoposta a diverse trasfusioni».
«Solo dopo 4 mesi arrivò finalmente la diagnosi: si trattava di sindrome mielodisplastica (SMD)»[1-2-3]
Quale decorso presenta la sindrome mielodisplastica
«Avevo da poco superato i 50 anni e i medici mi dissero che era una sindrome che colpiva prevalentemente le persone con un’età di circa 70 anni. Ero quindi un’eccezione», continua Silvia, lasciando trasparire un po’ di emozione.
«Mi spiegarono come le mielodisplasie tendano a modificarsi nel tempo, a volte diventando addirittura leucemie acute e variando l’aspettativa di vita da alcuni anni a pochi mesi».
«Mi hanno poi illustrato i diversi sistemi prognostici per valutare la gravità della malattia, l’aspettativa di vita e il rischio di evoluzione. Chiaramente sono tutte cose oggi per me di cui sono… quasi, si potrebbe dire, un’esperta. Ma all’epoca erano anche tante informazioni con cui confrontarsi».
«Diciamo che mentre il WPSS (WHO classification based Prognostic Scoring System) è un sistema prognostico che si basa sulla classificazione effettuata dall’OMS, e quindi sulla presenza di alterazioni cromosomiche nelle cellule patologiche e sul fabbisogno di trasfusioni, l’IPSS (International Prognostic Scoring System) classifica i pazienti in base alla percentuale di cellule immature nel midollo osseo, alla riduzione delle cellule del sangue e al quantitativo di alterazioni cromosomiche nelle cellule patologiche»[1-2-3].
Terapia per i pazienti affetti da sindrome mielodisplastica
«Dopo aver valutato lo score di rischio malattia, la mia età e in generale le mie condizioni di salute e non, i medici hanno così deciso di prescrivermi una terapia a base di eritropoietina umana ricombinante, da iniettare in totale autonomia un paio di volte a settimana».
«Per un certo periodo ho seguito anche una terapia cortisonica, che ora ho terminato. La stanchezza e il malessere che sentivo prima della diagnosi sono spariti con il tempo», racconta Silvia.
«Sono anche consapevole che nessuna terapia potrà curare in maniera definitiva questa mia patologia, ma solo un trapianto allogenico, utilizzando il midollo di un donatore, potrebbe riportare il midollo a una condizione normale. Il personale medico mi ha anche giustamente informata che si tratta di una decisione da prendere con cautela, perché la mortalità da trapianto diventa tanto più elevata nel caso di pazienti anziani»[1-2-3].
Diversi studi clinici, pubblicati recentemente su riviste scientifiche, hanno messo in evidenza l’efficacia e il basso profilo di tossicità di alcuni nuovi farmaci, utilizzati nel condizionamento pre-trapianto allogenico, consentendo di migliorare la sopravvivenza di pazienti anziani e più fragili. Questo ha permesso di candidare al trapianto allogenico anche pazienti con età superiore a 70 anni, cosa impensabile fino a qualche anno fa[6,7,8].
Mielodisplasia: come cambia la vita
«Dal giorno di quella diagnosi la mia vita è totalmente cambiata. Non è stato assolutamente facile farmene una ragione, ma devo ammettere che poter dare un nome a tutta quella stanchezza e soprattutto a quella frustrazione, mi ha fatta sentire in un certo qual modo sollevata”, confida Silvia, “perché, anche se da questa sindrome non potrò guarire, grazie alle attuali cure potrò almeno vivere degnamente».[1-2-3]
Bibliografia
- https://www.osservatoriomalattierare.it/i-tumori-rari/sindromi-mielodisplastiche-smd/14788-sindromi-mielodisplastiche-il-duro-percorso-di-sandra-per-avere-una-diagnosi
- http://www.rel-lombardia.net/mielodisplasie/
- http://www.ematologia-pavia.it/it/patologie/sindromi-mielodisplastiche/
- https://www.ail.it/tutte-le-news/761-le-novita-terapeutiche-nelle-sindromi-mielodisplastiche
- https://www.ail.it/patologie-e-terapie/patologie-ematologiche/leucemia/572-sindromi-mielodisplastiche
- Beleen et al, Lancet Haematology 2019 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31606445/
- Shimoni et al, Biology of Blood and Marrow Transplantation 2017 https://doi.org/10.1016/j.bbmt.2017.12.776
- Piemontese et al, Bone Marrow Transplantation https://doi.org/10.1038/s41409-022-01600-1