In alcuni tipi di neoplasie ematologiche come ad esempio la leucemia mieloide acuta, la leucemia linfoblastica acuta o le mielodisplasie può essere indicato, come strategia terapeutica, il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche. Il trapianto allogenico consente di ottenere, in alcuni casi, la remissione completa della malattia come conseguenza, in gran parte, dell’effetto antitumorale esercitato dalle cellule immunologiche derivate dalle cellule staminali trapiantate. Ci si riferisce a questo fenomeno anche come effetto del trapianto contro il tumore (graft versus tumor effect).
Ci sono altre patologie ematologiche non neoplastiche che possono beneficiare del trapianto di cellule staminali: l’anemia falciforme, la talassemia major o l’insufficienza midollare per citarne alcune.
Le neoplasie ematologiche in Italia
Le neoplasie ematologiche sono tumori che colpiscono le cellule del midollo osseo, il sistema linfatico e il sistema immunitario1.
Nel corso degli anni sono stati proposti diversi criteri per raggruppare le neoplasie ematologiche in modo da identificare categorie di malattie omogenee. Negli ultimi anni, in conseguenza della sempre migliore caratterizzazione genetica e funzionale, le nuove classificazioni tengono conto anche di caratteristiche genetiche, biomolecolari e cliniche, oltre che morfologiche come l’ultima classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 2008, successivamente revisionata nel 20162.
I tumori ematologici vengono quindi classificati principalmente in neoplasie di derivazione linfoide e mieloide (le due linee principali di cellule del sangue), all’interno delle quali vengono distinte diverse malattie accuratamente caratterizzate grazie agli avanzamenti negli ultimi anni in biologia molecolare 1.
Sono quattro i grandi gruppi di tumori ematologici: leucemie, linfomi, mielomi e le sindromi mielodisplastiche che possono manifestarsi in forma acuta (più grave e aggressiva) o cronica.
Le neoplasie ematologiche che possono beneficiare del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche sono la leucemia mieloide acuta, la leucemia linfoblastica acuta e le sindromi mielodisplastiche anche dette mielodisplasie1.
In base ai dati della Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) si possono stimare:
- 85.000 le persone viventi in Italia dopo una diagnosi di leucemia; 45.900maschi e 39.100 femmine (prevalenza)
- Nel 2020 sono attese circa 8.000 nuove diagnosi di leucemie; 4.700 maschi e 3.200 femmine (incidenza)
- Nel 2020 sono stimati 6.400 decessi; 3.600 maschi e 2.800 femmine (mortalità)3
La leucemia mieloide acuta
La leucemia mieloide acuta (LMA) è una malattia caratterizzata dall’accumulo ed espansione di cellule mieloidi immature nel midollo osseo e nel sangue periferico con il conseguente fallimento dell’emopoiesi3.
La LMA è caratterizzata da un decorso molto rapido e ha un’incidenza stimata in Italia intorno ai 3,5 casi per 100.000 individui per anno3.
Leucemia mieloide acuta: i numeri in Italia (fonte AIRTUM) | |
Incidenza stimata | 2.000 nuovi casi/ anno: 1.200 tra gli uomini e 900 tra le donne. |
Fasce di età | Quasi la totalità delle leucemie dell’anziano (poco frequente prima dei 45 anni) |
0-14 anni: è il secondo tipo più frequente di leucemia in età pediatrica e rappresenta il 4% dei tumori registrati della banca dati AIRTUM nel periodo 2003-2008 e il 13% di tutte le leucemie 15-19 anni: rappresenta il 3% dei tumori registrati nel pool dei 31 registri della banca dati AIRTUM e il 25% tra le leucemie |
La leucemia mieloide acuta è una malattia biologicamente e clinicamente eterogenea, di fatto l’ultima classificazione OMS nel 2016 la suddivide in base alle caratteristiche citogenetiche e molecolari in vari sottotipi dentro i seguenti gruppi:
- LMA con ricorrenti anomalie genetiche
- LMA con cambiamenti correlati a mielodisplasia
- LMA secondarie a chemioterapia/radioterapia
- LMA non meglio specificate
- Sarcoma mieloide
- Proliferazioni mieloidi correlate alla sindrome di Down2
La prognosi della LMA viene determinata dal sottotipo di LMA (determinata a sua volta dal tipo di anomalia genetica presente nelle cellule leucemiche), e da altri fattori prognostici come l’età. I soggetti di età superiore ai 60 anni, con una conta leucocitaria elevata, i soggetti che sviluppano una LMA secondaria a chemioterapia o radioterapia per altri tumori e, infine, persone con precedente sindrome mielodisplastica presentano una prognosi peggiore.
Il trattamento per LMA è principalmente chemioterapico e, nei casi di recidiva, o nei soggetti con elevato rischio di recidiva, viene indicato anche il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche. La LMA è considerata una malattia immuno responsiva e rappresenta l’indicazione più frequente per il trapianto di cellule staminali emopoietiche4.
La leucemia linfoblastica acuta (o leucemia pediatrica)
La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è il tumore più diffuso in età pediatrica. È un tipo di tumore caratterizzato dall’accumulo ed espansione di cellule linfocitiche immature nel midollo osseo e in sangue periferico6.
La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è una malattia rara, che nei Paesi occidentali colpisce ogni anno 35-45 bambini per milione. In Italia si registrano circa 1,6 casi ogni 100.000 maschi e 1,2 casi ogni 100.000 femmine, cioè circa 450 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 320 tra le donne3.
La LLA rappresenta l’80 % delle leucemie e circa il 25 % di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi cala con l’aumentare dell’età (il 50 per cento di tutti i casi viene diagnosticato entro i 29 anni)5.
I sintomi clinici che talvolta possono o devono rappresentare un segnale di allarme, o almeno di sospetto di emopatia per il pediatra, sono diversi e spesso aspecifici. Generalmente comprendono febbre, debolezza e pallore; sintomi che perdurano nel tempo e si accompagnano ad astenia (soprattutto se questa viene riferita durante il gioco) e/o alla presenza di manifestazioni emorragiche (petecchie, ecchimosi ecc.)5.
Le LLA, inizialmente differenziate in tre forme morfologiche in relazione alle caratteristiche nucleari e/o citoplasmatiche, sono attualmente caratterizzate in funzione dei marcatori immunologici di superficie e citoplasmatici e in funzione delle mutazioni genetiche presenti nella cellula leucemica. Una classificazione così complessa e articolata si traduce in pratica nella definizione di gruppi a rischio, importanti per la prognosi e per la scelta terapeutica.
Attualmente la sopravvivenza di LLA in età pediatrica raggiunge il 90%.
Il trend di sopravvivenza nella LLA è tuttavia in crescita e raggiunge il 90% in età pediatrica, mentre in età adulta la sopravvivenza rimane più bassa6.
Le mielodisplasie
Le mielodisplasie, o sindromi mielodisplastiche (MDS), sono un gruppo di malattie clonali del midollo osseo associate a un’emopoiesi non effettiva, e si manifestano con una displasia morfologica delle cellule emopoietiche e citopenie (globuli rossi, globuli bianchi e/o piastrine) in sangue periferico, condizione “sine qua non” per una diagnosi di MDS.
Le mielodisplasie colpiscono sostanzialmente la popolazione anziana con un’età di insorgenza mediana di 75 anni. L’incidenza delle sindromi mielodisplastiche in Europa è di 1:12.000-13.000 abitanti e in Italia si registrano, ogni anno, circa 3.000 nuovi casi7.
L’ultima classificazione OMS del 2016 comprende un incremento dell’informazione diagnostica per molti sottotipi di mielodisplasie. Alcuni dei sottotipi hanno un elevato rischio di progredire in una leucemia acuta; in questi casi può essere indicato, se le caratteristiche del paziente lo consentono, il trapianto allogenico delle cellule staminali per il quale, grazie a un miglioramento delle tecniche negli ultimi anni, il numero di soggetti che può ricorrere a questa terapia salvavita è molto più elevato. Nei casi di pazienti anziani fragili si instaura una terapia di supporto3.
Il trapianto allogenico: caratteristiche, tipologie e regimi di condizionamento
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE) allogenico ha significativamente contribuito a modificare la prognosi di molti pazienti affetti da malattie ematologiche, rappresentando, in alcuni casi, l’unica terapia salvavita. In altri casi, come nelle leucemie acute ad alto rischio, il trapianto allogenico è la terapia più efficace per ridurre la probabilità di recidiva di malattia nei pazienti che raggiungono una remissione8.
Esistono due tipi di trapianto di midollo osseo, dipendenti dal tipo di donatore di cellule staminali. Nel trapianto di cellule staminali autologo le cellule staminali emopoietiche selezionate trapiantate, provengono dallo stesso individuo che le riceve; diversamente, nel trapianto allogenico le cellule provengono da un donatore compatibile con il ricevente1.
Nel caso del trapianto autologo le cellule staminali vengono prelevate dal paziente e criopreservate per poi reinserirle dopo alte dosi di chemioterapia e radioterapia (in alcuni casi). Questa forma di trapianto permette al ricevente la ripresa della aplasia midollare causata da alte dosi di chemioterapia per cui viene considerata una forma di terapia di salvataggio per mitigare la tossicità chemioterapica. L’effetto antitumorale in questo caso deriva soltanto dalla chemioterapia e dalla radioterapia previa al trapianto.
Relativamente al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, le cellule staminali da trapiantare provengono da donatori compatibili, ed hanno due funzioni principali:
- La ripresa della mieloablazione dopo la chemioterapia e in alcuni casi radioterapia aggiuntiva come nel caso del trapianto autologo (terapia di salvataggio)
- L’effetto antitumorale o effetto del trapianto contro il tumore (in inglese graft versus tumor effect) dove le cellule emopoietiche trapiantate producono cellule immunitarie che riconoscono e uccidono le cellule neoplastiche del ricevente
Individuare un donatore di cellule staminali idoneo per poter procedere al trapianto significa tipizzare sia donatore che ricevente, ovvero verificare, con tecniche di biologia molecolare in alta risoluzione, che le cellule dell’uno e dell’altro siano HLA compatibili in modo da limitare il rischio della condizione nota come Graft Versus Host Disease (GVHD, Malattia del Trapianto contro l’Ospite)8.
I geni del sistema HLA hanno la caratteristica di essere estremamente variabili da individuo a individuo; per tale motivo, la variabilità genetica è molto elevata al di fuori dell’ambito familiare mentre nell’ambito familiare è più ristretta.
Ogni fratello ha una probabilità del 25% di essere HLA compatibile col paziente.
Tuttavia, per dare la possibilità di trovare un donatore compatibile anche a quei pazienti che non dispongono di un donatore HLA-compatibile all’interno del nucleo familiare, sono stati creati i Registri Internazionali di Donatori Volontari di CSE o i Network di Banche di Sangue di Cordone Ombelicale.
Le cellule staminali da trapiantare si possono ottenere da varie fonti:
- midollo osseo
- sangue periferico (attualmente è la fonte più utilizzata)
- banche di sangue di cordone ombelicale5
Regimi di condizionamento nel trapianto allogenico
Prima di un trapianto allogenico, il paziente viene sottoposto a una terapia di condizionamento pre-trapianto con alte dosi di chemioterapia e radioterapia in alcuni casi, al fine di raggiungere due obiettivi:
- L’eradicazione della malattia di base, sfruttando l’effetto mieloablativo di dosi sovra-massimali di chemio-radioterapia
- Il superamento della barriera immunologica dell’ospite per evitare la malattia del trapianto contro l’ospite
Vengono oggi considerati eleggibili per un trapianto allogenico con condizionamento “mieloablativo” i pazienti di età inferiore a 55-60 anni, in buone condizioni generali, con funzionalità cardiaca, renale e respiratoria conservata, che non presentino altre gravi patologie al momento del trapianto10.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, per poter estendere la procedura trapiantologica allogenica anche a pazienti non in grado di tollerare regimi di condizionamento “mieloablativi”, è iniziata la sperimentazione clinica di regimi di condizionamento a intensità ridotta (Reduced Intensity Conditioning; RIC), basati sull’impiego di agenti immunosoppressivi e mielotossici a dosi non mieloablative, con conseguente minore tossicità globale9.
Trapianto di cellule staminali emopoietiche nel paziente pediatrico
Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche in età pediatrica è indicato solo nei casi di rischio molto elevato di recidive.
Si stima una sopravvivenza a 36 mesi dell’80% dei pazienti pediatrici dopo il trapianto6.
Trapianto di cellule staminali emopoietiche nel paziente over 50
Lo stato generale di salute, la presenza/assenza di una o più comorbilità, insieme ad altre caratteristiche trapiantologiche (tipo di donatore, rischio di rigetto) guidano la scelta di procedere o meno al trapianto per quei pazienti in età avanzata, che hanno meno probabilità di essere candidati a un trapianto allogenico di cellule staminali.
Tuttavia grazie agli sviluppi di regimi di condizionamento a ridotta intensità (Reduced Intensity Conditioning, RIC) si è aumentato drasticamente il limite di età dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali.
Nei pazienti in remissione completa durante i primi 2-5 anni dopo il trapianto si stima una sopravvivenza dell’80-90% nei successivi 10 anni10.
Trapianto di cellule staminali ematopoietiche nel paziente over 70
L’età limite per l’eleggibilità a un trapianto è un argomento controverso; tuttavia è ampiamente accettato che sia l’età biologica del paziente, e non l’età cronologica, insieme ad altri parametri, a definire se un paziente con età superiore a 70 anni è idoneo a trapianto11.
Poiché l’eleggibilità al trapianto di cellule staminali emopoietiche continua ad allargarsi a individui più anziani, e potenzialmente meno in forma, gli scienziati hanno sviluppato degli score di valutazione geriatrica (ad esempio il “Fondazione Italiana Linfomi score” o FIL score) per massimizzare il beneficio dell’allo-trapianto selezionando i candidati idonei12.
Lo sviluppo di strumenti di valutazione multidimensionale del paziente, l’apporto dei RIC, il miglioramento delle terapie di supporto, e una migliore tipizzazione dell’HLA, hanno di fatto aumentato drasticamente il successo del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche in pazienti over 70 negli ultimi anni. In questi pazienti è aumentata la sopravvivenza globale dal 26% nel periodo 2000-2007, al 39% nel 2008-201311.
TAKEAWAYS
Le leucemie testimoniano i progressi registrati in oncologia negli ultimi vent’anni:
- le migliorate conoscenze della biologia delle cellule neoplastiche e le basi della medicina di precisione
- l’importanza della stratificazione dei pazienti per consentire di intensificare la terapia nelle forme a più alto rischio e ridurre il carico delle terapie nelle forme a più basso rischio
- la suscettibilità genetica all’insorgenza di neoplasie
- le molteplici possibilità del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche
Tutto questo corrisponde a un trend di sopravvivenza in crescita: da poco più del 10 all’80% negli ultimi anni.
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